L’identificatore di aerei: quando non esistevano i radar
L’identificatore di aerei, un mestiere non tanto perduto, quanto obsoleto, era la risposta tecnologica alla necessità di difendere lo spazio aereo da velivoli nemici. Si utilizzava uno strumento chiamato aerofono, un oggetto che, senza tanti giri di parole, aiutò l’Italia a farle perdere la Seconda Guerra Mondiale. Tra il il 1940 e il 1943, gli identificatori di aerei ad aver superato con successo il test attitudinale erano almeno novecento, tutti non vedenti, ma dalle grandi capacità uditive.
Lo sviluppo del radar
Gli studi italiani relativi allo sviluppo di un radar basato sulle onde elettromagnetiche cominciano con Guglielmo Marconi nel 1922. In quell’anno lo scienziato propose l’idea di un radiotelemetro con il quale localizzare la distanza di mezzi in movimento. Nel 1933 propose la realizzazione del progetto a un gruppo di militari italiani, tra i quali spiccava il Colonnello Luigi Sacco. Il militare si convinse della validità dell’idea e la girò all’ingegner Ugo Tiberio; negli anni seguenti il giovane scienziato sviluppò diversi prototipi, ma si arenò poco dopo per mancanza di fondi. I vertici della Marina, infatti, non diedero molto peso alla scoperta e si dovette aspettare la sconfitta di Capo Matapan del ’41 per avere una svolta significativa nello sviluppo dei radar in Italia. In quella battaglia i britannici vinsero anche grazie a questi strumenti considerati estremamente innovativi per l’epoca. Prima della Seconda Guerra Mondiale e fino all’anno 1932 circa, sia gli italiani che gli inglesi, così come i giapponesi, i tedeschi e gli americani, utilizzavano un altro strumento per captare i suoni di velivoli nemici in avvicinamento: l’aerofono.
L’aerofono per identificare gli aerei
L’aerofono è, a tutti gli effetti, l’antenato degli odierni radar. Fino alla Seconda Guerra Mondiale questi strumenti sono stati adoperati per captare i suoni dei velivoli nemici in avvicinamento; in questo modo era possibile localizzarli con un certo grado di precisione. L’identificatore di aerei era quindi un mestiere vero e proprio che a quell’epoca veniva svolto da persone non vedenti; il motivo della scelta risiedeva nella maggiore capacità di quest’ultimi di comprendere e sentire i suoni. In altri termini, veniva sfruttata la loro alta sensibilità uditiva, di gran lunga superiore rispetto ai normodotati. L’aerofono, il loro strumento di lavoro, riusciva a intensificare i suoni in arrivo e a facilitargli il compito. Con lo scoppio della Seconda Guerra Mondiale, però, quando ormai gli inglesi e gli americani avevano sviluppato sistemi radar efficaci, gli italiani erano ancora fermi e convinti nell’utilizzo di questi strumenti obsoleti.
L’attacco alla Baia di Taranto da parte della Marina britannica
Si dovettero ricredere durante l’Operazione Judgment del ’40 ai danni della Baia di Taranto da parte della Marina britannica. Alle ore 22:58 dell’11 Novembre 1940 venne portato avanti l’attacco da parte della Marina inglese. I danni, per il regio esercito italiano, furono ingenti: la corazzata Cavour colò a picco, le corazzate Duilio e Littorio subirono pesanti danneggiamenti così come l’incrociatore Trento e due cacciatorpedinieri. Metà della squadra navale italiana venne immobilizzata e l’Italia perdette la sua presunta supremazia sul Mar Mediterraneo. Fu proprio questa battaglia a fare capire al regio esercito italiano uno dei tanti errori commessi: gli aerosilurati inglesi decollati dalla portaerei Illustrios, almeno venti, ormai vicini al bersaglio spensero i motori e non vennero identificati dagli aerofoni presenti nel porto di Taranto. Un errore che risultò fatale per moltissimi marinai italiani e che, in un certo senso, decretò la fine del mestiere di identificatore di aerei.
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