Quota 100 non è una certezza e se va male il Governo potrebbe avere un piano B
Non tutti potranno andare in pensione con la Quota 100 nel 2019. Si stima che solo il 60, massimo il 70 per cento degli aspiranti pensionati riuscirà ad uscire dal mercato del lavoro con questa formula. Rispetto agli esordi, dunque, la realtà sembra molto diversa. Il sottosegretario al lavoro, Claudio Durigon, ha specificato la situazione durante l’intervista per il Corriere della Sera. Il Governo vorrebbe risparmiare almeno 2 miliardi di euro, che potrebbero servire per abbassare il decifit in caso di necessità. Si parla, quindi, di un piano B nel caso in cui le cose si mettessero male.
Quota 100: le stime dell’Esecutivo gialloverde
Secondo le stime e le parole di Durigon, non tutti utilizzeranno Quota 100 per andare in pensione. Qualcosa, quindi, potrebbe rimanere nelle casse statali: “Quella misura nei fatti costerà meno del previsto perché non tutti i 400mila lavoratori interessati. È ragionevole che con il blocco del cumulo solo il 60-70 per cento degli interessati andrà in pensione, vuol dire che la misura costerà 2 miliardi in meno“. Con il divieto di cumulo, ovvero quella possibilità che permette a un pensionato di lavorare e arrotondare l’assegno, molti aventi diritto potrebbero continuare a lavorare. L’assegno della Quota 100 sarà infatti più basso rispetto alla pensione di vecchiaia a 67 anni. Facendo due calcoli, i beneficiari saranno un massimo di 280mila persone, invece di 400mila. Bisogna comunque tenere conto del fatto che la riforma delle pensioni italiana viene vista con diffidenza dall’Unione Europea e i mercati potrebbero vacillare, peggio di come stanno facendo adesso.
Il possibile piano B del Governo per la Quota 100
Il leghista Giancarlo Georgetti, durante un’intervista per Il Messaggero, ha parlato del tetto massimo del debito a 2,4 per cento, specificando che si tratta di un massimale per tutte le misure. Però, e c’è un però, non è sicuro che tutto ciò possa succedere, perché potrebbero capitare situazioni che metterebbero in difficoltà tutta la manovra. Nel caso in cui capiti un fuori programma, in sostanza, l’Esecutivo si riserva la possibilità di utilizzare un’altra via d’uscita: “Il ministro dell’Economia – ha spiegato Georgetti – deve avere anche la possibilità di calibrare i flussi di uscita e, come ha detto il ministro Savona, fare il punto trimestralmente o anche in tempi più ristretti. Siamo gente responsabile e faremo le cose responsabilmente, Non possiamo tenere sempre il piede sull’acceleratore. Se vediamo una curva dovremmo frenare e scalare di marcia e poi accelerare“.
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