Pensioni 2018, lavoratori contro Quota 100 e 41: “Meglio legge Fornero”
Pensioni 2018: la controriforma in due tappe che vorrebbe attuare il Governo Conte, in particolare i due vicepremier, Matteo Salvini della Lega e Luigi Di Maio del M5S, non convince i lavoratori. L’ipotesi consiste nell’introduzione della Quota 100 (somma dell’età anagrafica con gli anni di contributi versati) e nella modifica della Quota 41 alla quale verrebbero tolti i paletti, consentendo a chiunque di uscire dal mercato del lavoro con i soli 41 anni di contributi. Smontare la legge Fornero pezzo per pezzo è sempre stato il cavallo di battaglia del nuovo Governo, ma con la Quota 42 all’orizzone, utile per ammortizzare i costi e diminuire il numero di pensionati che si verrebbe a creare nel breve periodo, proprio gli stessi lavoratori che tanto auspicavano la cancellazione della legge Fornero fanno un passo indietro.
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Pensioni 2018: la Quota 100 penalizzerebbe chi ha lavorato di più
Lo riportano sia il sito Pensionipertutti.it che IlSussidiario.net. Come ha scritto sui social Pierantonio, aspirante pensionato: “Con la quota 100 che vogliono fare partono dal presupposto che prima si manda in pensione chi ha 34, 35, 36 anni di contributi. Chi invece si é giocato la giovinezza lavorando e adesso ha 40, 41, 42 anni di contributi deve lavorare ancora e aspettare magari il 2020. Ma la logica dovrebbe dire il contrario“. È non si tratta dell’unica critica di questo tenore. Paradossalmente, infatti, lasciare la legge Fornero così come concepita nel 2011 dal Governo Monti potrebbe fare molti meno danni. Anche per il presidente Inps, Tito Boeri, la Quota 41 non favorirebbe l’occupazione giovanile e quindi non sarebbe una giusta soluzione.
Pensioni 2018: le parole del prof. Sandro Gronchi
Anche il professore di Economia Politica all’Università La Sapienza di Roma, Sandro Gronchi, ha espresso la sua opinione sulla possibile riforma del Governo Conte per cancellare la legge Fornero. Secondo il professore “rilanciare la pensione d’anzianità generalizzando il requisito contributivo di 41 anni, ora riservato ai lavoratori precoci“. Inoltre, punta il dito anche sul meccanismo che vincola l’uscita dal mercato del lavoro con l’aspettativa di vita, sottolineato il fatto che questo meccanismo venne introdotto da un Governo di cui faceva parte anche la Lega. L’intervento, sempre secondo il prof. Gronchi, dovrebbe concentrarsi sulla flessibilità pensionistica ostacolata oggi da una maturazione della pensione pari a 2,8 volte l’assegno sociale e dall’anzianità contributiva di 20 anni. La flessibilità, secondo Gronchi, dovrebbe raggiungere tutti. Come ha spiegato l’economista: “Chi volesse andare in pensione a 64 anni dovrebbe accettare una riduzione pari alla differenza percentuale che separa il coefficiente di tale età da quello dei 67 anni“.
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