Pensioni, Grasso: “Legge Fornero non va abolita, ma modificata”

Il tema delle pensioni continua a rilanciare dibattiti politici tra i diversi partiti in carica, da Silvio Berlusconi che propone il reddito di dignità per almeno 10 milioni di italiani, a Matteo Salvini che, come il M5S, rilancia la Quot 100 e la Quota 41 per tutti allo scopo di ovviare alla possibile cancellazione della Legge Fornero. Proprio sulla riforma voluta dall’ex Ministro del Lavoro Elsa Fornero, infatti, anche Pietro Grasso di LEU, ha esposto le sue posizioni, mentre Paolo Capone dell’UGL sostiene la totale abolizione della legge al fine di favorire l’occupazione giovanile.

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Pensioni, Pietro Grasso: “Legge Fornero non va abolita, ma modificata”

Ormai in molti sembrano essere d’accordo sul fatto che la Legge Fornero non possa essere cancellata definitivamente. Enrico Morando, proprio pochi giorni fa, aveva sottolineato i costi si dovrebbero sostenere dopo una simile manovra e che ammonterebbero ad almeno 10 miliardi di euro all’anno. Dello stesso parere Emma Bonino, leader di +Europa. Pietro Grasso, di Liberi e Uguali, conferma invece le posizioni dettate anche dalla Presidente della Camera Laura Boldrini, candidata a Milano con LEU. Secondo Grasso, infatti, la manovra previdenziale del 2011 dovrebbe essere modificata, ma non abolita: “Bisogna rimetterla in ordine e riformarla in relazione alle categorie, al tipo di lavoro ed alle esigenze delle persone“.

Pensioni, Paolo Capone dell’UGL: “Smantellare la riforma Fornero subito per favorire occupazione giovanile”

Il segretario generale dell’UGL Paolo Capone ha scritto all’attenzione dei dirigenti del centrodestra per ciò che riguarda l’abolizione della Legge Fornero, un passo, secondo il segretario, necessario al fine di favorire l’occupazione giovanile nei prossimi anni: “È urgente mettere mano alle pensioni, smantellando la riforma Fornero che, oltre ad aver inventato la categoria dei cosiddetti esodati, ha innalzato l’età pensionabile di fatto a quota 67 anni, mortificando il lavoratore e impedendo il naturale turn over generazionale. È forse questa la causa principale della disoccupazione giovanile che ha raggiunto il 34,7 per cento. Occorre una rivoluzione di carattere culturale che ponga il tema dell’occupazione giovanile al centro dello sviluppo economico del sistema Paese“.

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