Insegnante lascia il posto dopo tre settimane: “Non posso tornare a casa tutti i giorni alle 18:30”
Eddie Ledsham è un giovane insegnante di 22 anni che sogna di svolgere questa professione da quando ne aveva dieci, ma qualcosa, dopo solo tre settimane di lavoro, gli ha fatto cambiare totalmente idea. Ha studiato e conseguito la laurea per inseguire il suo sogno, ma si è ritrovato a dover affrontare ritmi soffocanti e non era disposto a tornare a casa tutti i giorni alle 18:30. Il suo disappunto e il suo disagio sono stati spiegati in un lungo video in cui il giovane si mostra in lacrime e pieno di sconforto.
Eddie Ledsham si svegliava tutte le mattine alle cinque e mezza per correggere i compiti della classe composta da bambini di otto anni e preparare la lezione del giorno. Le giornate, però, erano lunghe ed estremamente impegnative, tanto che nel giro di poche settimane lo hanno portato a formulare la fatidica domanda: “È davvero questo che voglio, dopo aver studiato tanto? Molti degli insegnanti della scuola si rivolgevano a me solo quando facevo qualcosa di sbagliato. Mentre se facevo qualcosa di corretto, solitamente passava inosservato“. Questa era la situazione di tutti i giorni che il giovane insegnante ha raccontato al giornale Liverpool Echo.
“Eravamo incoraggiati a bilanciare il dovere e il piacere. Ma io mi sentivo costantemente in colpa: anche quando ero sul treno andando al lavoro o tornando a casa, mi sentivo in colpa a non fare nulla. Spesso passavo il tempo con la mia ragazza seduto correggendo i compiti. Sentivo come se le aspettative su di noi fossero astronomiche. Amo lavorare con i bambini ma il problema con l’insegnamento è che ci sono così tante aspettative. Penso che dovremmo fare molta più esperienza sul campo durante gli anni universitari, perché mi rendo conto che la mia laurea non mi aveva affatto preparato a tutto ciò“.
Da qui le sue conclusioni infelici: “Ho scoperto che insegnare non ha nulla a che fare con il trasmettere il sapere, è più un insegnare ai bambini a passare dei test. Ho avuto probabilmente la migliore classe possibile, ma mi sono accorto che i limiti che questo lavoro poneva alla mia vita quotidiana psicologica ed emozionale sarebbero stati duri da sopportare a lungo andare“.
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